29.3.13

MAMMA, NON ANDARE A LAVORARE!

E siamo di nuovo a Topo Tip.
Vi avevo raccontato altrove della puntata sul topolino che aspettava una sorellina. Da qualche giorno è tornato in auge (scalzando in modo del tutto imprevisto i Barbapapà) con il libro Mamma, non andare a lavorare! 
Ad Andrea era piaciuto parecchio al tempo in cui l'avevamo comprato, io dovevo tornare in ufficio dopo un periodo di congedo parentale, e a quel tempo era piaciuto anche a me. 
Sono passati due anni. Aurora l'ha trovato sullo scaffale della loro libreria e da qualche giorno non se ne stacca più, sebbene io lavori da quando lei aveva solo pochi mesi.

La storia, riassunta sommariamente, è questa: i genitori di Topo Tip si accorgono che la loro situazione economica non è delle migliori, e decidono di comune accordo che la mamma può cercare un lavoro, dato che Tip va all'asilo e non necessita più delle cure di quando era piccolino. 
La mamma trova lavoro come impiegata. Tip sembra contento, non capisce bene cosa significa tutto questo fino al mattino in cui la mamma lo accompagna all'asilo, vestita in modo diverso dal solito. Tip la vede andar via e sa che non va a casa, che va al lavoro. E si intristisce, teme che non avrà tempo per giocare più con lui. In asilo però la maestra e i compagni lo rassicurano: tutte le mamme lavorano, il lavoro è importante, è utile. Assieme giocano ai mestieri, ognuno scegliendone uno diverso, e quando Tip rivede la mamma che lo va a prendere dopo l'asilo è rincuorato e finalmente di nuovo felice. La mamma ha ancora tempo per giocare con lui e dal lavoro ha portato perfino caramelle e dolci, lei e il papà gli danno la buonanotte in un'atmosfera serena come quando la mamma era ancora a casa.

Sono passati circa due anni, dicevo, dalla prima volta che l'ho letto. E devo dire che due anni sono pesati molto sul mio spirito critico. Due anni fa questo librino mi era piaciuto. Ora ho qualche perplessità sul modo in cui viene trattata la questione di genere sui ruoli di mamma e papà.

La mamma non lavora per i primi tre anni di vita del figlio. La mamma decide di andare a lavorare perchè il figlio è cresciuto. La mamma crede necessario lavorare perchè la famiglia si trova in difficoltà economiche. La mamma decide con papà che è il caso di cercare un lavoro. Il lavoro in questione è presumibilmente un part-time, dato che è lei a portare  il figlio a scuola ed andare a prenderlo. Il papà non modifica una virgola delle sue abitudini. Il papà si limita a prendere decisioni con la mamma e a dare la buonanotte al figlio, ma sempre con la mamma vicino: la cura del figlio è pertinenza quasi esclusiva della madre.

Ora io trovo tutto questo poco educativo. A casa mia i figli li abbiamo fatti in due. Il papà si sacrifica quanto la mamma per far vivere dignitosamente la famiglia e per partecipare alla vita comune. Io ammetto che non tutti i padri lo possano fare, ma sarebbe bello che un libro per l'infanzia almeno suggerisse questa possibilità. Sarebbe bello che si dicesse che una donna che sia mamma o meno può lavorare perchè semplicemente vuole farlo. Invece no. Sempre i soliti stereotipi: la mamma che fa un lavoro adatto a una mamma e il papà che continua a fare la sua vita. Io di questi stereotipi mi sono stufata e a casa nostra non ci sono. Mi dispiace che non si possa insegnare ai bambini un modo diverso di essere persone prima che genitori.
Rispetto totalmente le donne che non lavorano o che lo fanno spinte da necessità, ma aspetto il giorno in cui verrà data voce anche alle tante famiglie come la nostra in cui essere madre o padre significa essere genitore e basta.
A mia figlia questo libro piace, io continuerò a leggerlo, certo con meno entusiasmo di quando lo leggevo al suo fratellino.

E così sono ben due settimane di seguito che partecipo ai venerdì del libro di Homemademamma e all'iniziativa Condividiamo un libro sulla pagina Facebook La Biblioteca di Filippo
Iniziative talmente belle che non so resistere!




25.3.13

rosa (non) è femmina

Il tema del Blog Tank del mese di marzo di Donna Moderna Bambino propone un tema che mi sta molto a cuore: il rosa è femmina? Per me è no, e vi spiego perchè.

Sono mamma di un maschio e di una femmina.
Ma prima di tutto sono una femmina io, figlia di una donna che non mi ha mai vestita di rosa. Certo negli anni settanta non si usava. Negli anni settanta una bambina era una bambina, non una femmina.  E per avere la controprova guardate le foto di quando eravate piccole, se avete superato i 35 anni: jeans, magliette rosse o blu, scarpe da ginnastica e certo non scarpe coi tacchi come ho visto (inorridendo) in alcune vetrine di negozi per l'infanzia.

Date un'occhiata alle foto che ho trovato in alcune riviste di fine anni '70: bambine e bambini vestiti degli stessi colori, senza far distinzione tra maschi e femmine:





Ora invece maschi e femmine sono maschi e femmine dalla nascita, l'ha deciso il marketing e noi tutti dietro, credendo un po' ingenuamente che sia giusto, e forse lo è, ma fino a che punto?
Perchè si dà il caso che tutto questo vada a svantaggio delle bambine, nate con la vocazione a pulire casa, a cucinare (non a fare le cuoche, per quello ci sono già i maschi), a essere belle a ogni costo. L'apartheid dei giochi inizia dai volantini delle offerte dei giocattoli, continua nei negozi divisi rigorosamente in reparti per maschietti e femminucce, trova la sua apoteosi in camerette rosa confetto per le bambine e adorne di dinosauri e altri esseri col grugno nelle camerette dei loro fratellini.
Il rosa è considerato il colore delle femmine, ma azzurro non è il colore dei maschi, ai quali stando ai pubblicitari e ai media si addicono tutti i colori, tutti tranne uno.

Ma il rosa è solo un colore. Non facciamone un mezzo per ghettizzare le nostre figlie. Non diciamo loro che il loro mondo è solo rosa, perchè è una menzogna: loro non diventeranno principesse, non saranno belle per sempre e non sarà la bellezza l'unica loro virtù. E se non sognano un mocio nuovo per Natale ma un telescopio come i loro cugini tanto meglio.
Le nostre figlie saranno qualsiasi cosa decidano di essere, che ci piaccia o no.
Le nostre figlie nascono in un paese che fa dell'uguaglianza tra i sessi uno dei primi punti della sua meravigliosa e maltrattata costituzione.

Liberiamo i nostri figli dalle gabbie strette e anacronistiche del colore. Abbiamo superato quella del bianco e nero, non vogliamo rifugiarci in quella non meno assurda del rosa e del non rosa.

Io coi miei figli ce la sto mettendo tutta. Sono maschio e femmina, sono facilitata in questo rispetto alle mamme di sole femmine o soli maschi. Ma a mio figlio non ho mai impedito di giocare con le bambole, nemmeno prima che nascesse la sua sorellina. A mia figlia non mi sognerei mai di dire che non deve giocare con le macchinine. Gli unici indumenti rosa che ha sono quelli che mi hanno passato le mie amiche o che le sono stati regalati.

A casa nostra facciamo restistenza sulla questione di genere, per noi è una questione fondamentale.
Il mocio lo usa il papà e la mamma torna tardi la sera, per dirne una.
Gli stereotipi non ci assomigliano.
La vita è troppo breve e troppo bella per essere di un colore solo.





22.3.13

DIARIO DI UNA SCHIAPPA

Questo non è un libro per bambini, è un libro per ragazzini.
Ma papà è tornato da un viaggio di lavoro e ce l'ha portato con tanto entusiasmo, ci pareva brutto deluderlo e dire: lo leggeremo fra qualche anno. Allora abbiamo provato a leggerlo assieme, io e i miei piccoletti, e in una decina di giorni questo diario si è lasciato leggere con leggerezza e qualche perplessità.
Andrea ne è rimasto felice. Non entusiasta, ma non lo pretendevamo.
Aurora si è distratta guardando il solito libro dei Barbapapà.

Si salvi chi può è il sesto libro della serie Il Diario di una schiappa che tanto successo ha avuto negli States e anche da noi, ma non è necessario leggere i precedenti per capire la storia. Noi abbiamo iniziato (e forse anche finito) con questo.

La trama, se di trama si può parlare, è il periodo prenatalizio di Greg Haffley, un ragazzino benestante in una cittadina degli U.S.A.: una mamma con tante buone intenzioni, un padre assente per lavoro, un fratello maggiore e uno minore. Si ha l'impressione (io almeno l'ho avuta) che questa famiglia non esista, che sia solo un agglomerato di persone che la madre tenta di tenere insieme.
La scuola è un luogo di non condivisione. Un luogo in cui i giochi vanno rimossi perchè pericolosi, in cui si mangia divisi per sette alimentari, in cui si viene obbligati a scambiarsi regali per Natale o altre occasioni.
Si va avanti così a suon di sarcasmo su vicini di casa, amici, religione, polizia, bulli e quant'altro.
Per me che sono un'estimatrice dei Simpsons tutto questo è poco più che una vignetta. Una vignetta divertente, non troppo graffiante, una via di mezzo tra il politically correct e tutto quel che non lo è.

Non credo che mi verrà voglia di comprare gli altri capitoli della serie. Mio figlio non mi ha chiesto di rileggergli questo, non è un gran segnale, e francamente ho tirato un sospiro di sollievo.

Questo post è per l'iniziativa I VENERDI' DEL LIBRO di HomeMadeMamma.

20.3.13

l'albero di Pasqua


Mi hanno detto voci ben informate che la cioccolata fa ingrassare. Per questo da qualche anno per le cene prepasquali regalo alle mie amiche uova di plastica e uncinetto anzichè la solita cioccolata. Loro sembrano apprezzare, e io ho una scusa in più per divertirmi a fare schemi nuovi.
Il materiale che uso è economico e facilissimo da trovare:

  1. uova di plastica (la prima volta ci ho provato con uova vere, ma il risultato è stato un autentico epicfail quindi lasciamo perdere)
  2. filo colorato (io che sono una patita di sferruzzamenti e uncinetto ne ho qualche scatolone di avanzi da vecchi progetti)
  3. uncinetto (queste le ho fatte con l'uncinetto n. 1.5)
Ed ecco le mie uova a fiori:


 




Noi facciamo l'albero di Pasqua, coi rami dell'albero di casa della nonna. Li tagliamo quando sono ancora senza fiori, li mettiamo in un vaso, ogni tanto cambiamo l'acqua, e aspettiamo che i rami fioriscano.
In genere a Pasqua abbiamo un meraviglioso alberello fiorito e pieno di foglie verdi a rallegrare il nostro soggiorno.
Per ora l'alberello è così, ma tra una decina di giorni ci stupirà.

Bisogna solo saper aspettare.
Alle uova decorate all'uncinetto si aggiungono le uova dipinte che abbiamo comprato al mercatino di Praga.
Questo è l'effetto:



  
Questo post partecipa all'iniziativa I mercoledì dell'arte per il mese di marzo.
Le 3 parole del mese sono: filo, fiori e fotografia. La fotografia non c'è, anzi sì: è quella dei miei fiori fatti col filo. Non mi è venuto in mente niente di meglio, son sicura che Giorgia non se la prenderà!




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